Guai a lasciarsi sopraffare dal pregiudizio
Sabato pomeriggio, in tutta Italia, un sacco di persone hanno contribuito a cercare di rendere migliore la vita di chi si trova in difficoltà. Ciascuno a suo modo. Chi andava a fare la spesa, oltre alla sua, poteva acquistare anche qualcosa destinato a chi oggi vive una condizione di seria crisi. Poi magari poteva recarsi in un punto di ritrovo della Colletta Alimentare e dare una mano a mettere via gli scatoloni. Infine, stanco di mettere via tutta la merce donata, poteva svolgere il fondamentale ruolo di "promoter" (ma sì, usiamo quest'espressione molto "economy"). E quest'ultima cosa è ciò che ho fatto io. Tre ore piacevoli, perché non è come pensano tanti: "starai lì a distribuire volantini". No (c*#@°). Innanzitutto si è lì per aiutare qualcuno, anche se non direttamente. In secondo luogo, certo si distribuiscono volantini (e sacchetti, anche se su questo abbiamo avuto qualche problemino): ma si fa anche molto di più. Si scherza e si ride con il tuo "compagno di avventura" senza il quale sei più imbarazzato a fare tutto da solo, si incrocia lo sguardo di una donna rassegnata che con grande tristezza e tanto dispiacere risponde al tuo invito dicendoti: "no, mi spiace. Non posso aiutare in alcun modo", si ascolta un signore che a sessant'anni inoltrati ti invita ad essere arrabbiato e a fare la rivoluzione per un futuro migliore ("perché voi giovani ce la farete, ne sono certo!").
Insomma: si vive. C'è tantissima vita e voglia di vivere tra quei carrelli, quelle buste e quegli scatoloni. C'è la voglia di rendersi utili per il prossimo. La voglia di non pensare che "tanto sai che palle". Anche se lo fai con il tuo professore di italiano o con i tuoi compagni di scuola. Persone che vedi praticamente tutti i giorni, ma con le quali, nonostante ciò, vivi esperienze sempre nuove. "Ogni volta come se fosse la prima" diceva qualcuno: più o meno rispondo io. Non si può negare che per molti sia frustrante vedere gli stessi volti anche fuori dall'ambiente scolastico. È comprensibile, ma guai a lasciarsi sopraffare dal pregiudizio. Perché non ci sarebbe più vita. E quello sì "sai che palle..."